Distillate fuoco per la mia lingua,
che bruci e cada in oblio.
Perdere cognizione, per guadagnare consapevolezza.
Hanno insegnato a mettere diligentemente in fila
lettera con lettera, frase con frase, per essere sparate.
Vittime sacrificali dell’ ordine e della sintassi.
La testa ingabbiata tra le righe della pagina.
Allora, fate leva con la speranza,
per strappare l’ ossigeno dalla gelida stretta del carbonio.
Spargetelo sui quaderni, incendiate la grammatica.
Che le parole siano caricatori e i punti esclamativi detonatori.
Che esplodano nelle mani convenzionali, come rose di pietra
nella primavera dei sensi.
E il trambusto interrompa il sonno di chi ha sempre ragione.
Che sia incrinato il piano segreto della coscienza,
le emozioni rovesciate a forza nei vicoli.
Che i termini della questione siano frantumati
e le parole solitudine e disperazione, usate come arieti,
sfondino la pace blindata dei castelli.
Sia tolta la polvere dall’ inchiostro,
arrotate le punte delle matite.
Ho ancora fiato nelle mie mani e polvere da sparo nei miei sogni,
per questo.
Per la loro follia